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GLI ITALIANI E LA PIZZA: UNA PASSIONE CHE CRESCE IN QUALITÁ E QUANTITÁ

Un’indagine realizzata da Eataly, presentata a Roma durante IMPRONTE DI PIZZA, fotografa un’Italia in cui si mangia la pizza almeno una volta alla settimana e che ha trasformato un piatto veloce ed economico in un caposaldo della dieta, puntando su qualità di ingredienti, DOP e IGP, farine speciali e impasti

 Con oltre 8,3 milioni di pizze sfornate al giorno solo in Italia, il movimento della pizza è uno dei settori in forte crescita che ha saputo trasformare un prodotto semplice e con poche pretese in un piatto di grande qualità e asse portante dell’alimentazione italiana.

Una recente indagine su un campione rappresentativo di italiani, realizzata da Demetra per conto di Eataly e presentata a Roma durante la prima edizione di IMPRONTE DI PIZZA – La parola a chi lascia il segno, ci racconta che il 60% dei consumatori mangia la pizza almeno una volta alla settimana e il 15% anche più di una volta alla settimana. Un dato che descrive un movimento che nonostante la crisi, o forse proprio a causa di essa, ha saputo evolversi e che gode oggi di grande salute, se è vero che gli esercizi commerciali che trattano il prodotto pizza sono oltre 127.000*.

“All’inizio del 2019 abbiamo dato il via a un progetto dedicato alla pizza molto importante all’interno di Eataly e che coinvolge i nostri dieci negozi in Italia oltre alla nuova apertura di Parigi. Per questo abbiamo voluto fotografare con un’indagine indipendente il consumo di pizza in Italia”, spiega Enrico Panero, executive chef di Eataly. “Ci ha piacevolmente colpito scoprire dai dati emersi quanto fosse concreta e reale una nostra intuizione: la pizza non è più il piatto di chi ha fretta, non ha tempo di cucinare e vuole spendere poco. C’è invece nel nostro Paese una profonda cultura legata a un consumo di qualità della pizza, che vede gli italiani molto più attenti alla loro salute, capaci di valutare e apprezzare la diversità delle farine, degli impasti e delle lievitazioni, e molto più esigenti per quanto concerne gli ingredienti, la loro provenienza e qualità”.

 

Tipologie, farine ed impasti: vince la napoletana, resiste la farina 00

Dal sondaggio emerge come il 65% degli intervistati sia consapevole dell’importante ruolo svolto dal tempo di lievitazione e dal lievito utilizzato in termini di digeribilità della pizza, anche rispetto agli ingredienti e alla cottura: un dato decisamente interessante se si pensa che la lavorazione della base della pizza è certamente il passaggio meno evidente agli occhi del consumatore. Una consapevolezza certamente ancora più marcata nel Centro-Sud (72%).

Napoletana o romana? Da sempre in Italia il pubblico si divide a metà tra queste due scuole di pizza, ma dall’indagine emerge che a fronte di un 25% che vorrebbe una via di mezzo tra le due ricette e un 14% che trova il tema indifferente, il 35% degli intervistati preferisce la pizza napoletana rispetto al 26% che predilige la romana.

“A marzo abbiamo lanciato la nostra pizza e per raccontarla abbiamo spesso detto: non romana, non napoletana ma Eataly” racconta Francesco Pompilio, maestro pizzaiolo di Eataly.  “La nostra pizza rappresenta una identità nuova in un panorama in cui le grandi scuole godono ormai di affermata notorietà: scuola veneta, scuola romana e scuola napoletana sono i vertici di un prodotto che non conosce limiti nella sua crescita. Ci affacciamo in questo scenario con umiltà ma anche con molta determinazione dopo aver ascoltato per anni le opinioni dei clienti delle nostre 10 pizzerie italiane.”

Grande fortuna continua a riscontrare la farina 00 per la creazione degli impasti (scelta dal 48% degli italiani), ma sta crescendo anche il movimento di chi si orienta verso farine multi-cereali e/o integrali (32%) e chi, anche per questione di intolleranza, sceglie la gluten free (2%). Questo nuovo trend è particolarmente forte in Lombardia dove le farine multi-cereali o integrali ricevono il 37% delle preferenze e molto meno nel Lazio (24%) o in Sicilia (30%) che restano su questo tema più tradizionalisti.

 

Gusti, guarnizioni e qualità degli ingredienti

La margherita la pizza più scelta dagli italiani (35%), ma un crescente successo lo sta acquisendo la diavola che è indicata come preferenza dal 19% dell’intero campione, con punte del 25% in Emilia-Romagna. Anche la capricciosa ottiene grandi consensi: è ordinata dal 19% degli intervistati a livello globale, ma con forte successo in Sicilia (38%).

Ciò che realmente desta stupore è la grandissima attenzione dedicata agli ingredienti che compongono la pizza: il 50% definisce “importante” e il 38% “molto importante” poter conoscere l’origine degli ingredienti con cui viene preparata la pizza, sia nell’impasto (farina, lievito) sia nei condimenti: un tema, quello della trasparenza, che probabilmente ancora deve fare grandi passi avanti nella comunicazione dei professionisti e che viene confermata dalla dichiarata preferenza da parte dei consumatori verso pizze preparate con ingredienti biologici o IGP/DOP e presidio Slow Food.

Il 29% degli intervistati ha dichiarato di preferire pizzerie che utilizzano ingredienti di qualità e il 54% sostiene che, se disponibili, sceglie dal menù pizze guarnite con prodotti IGP/DOP o Presìdi Slow Food.

 

Quanto sono disposti a spendere gli italiani per la pizza?

Gli italiani sono consapevoli che per la qualità vale la pena spendere: per questo, per una pizza margherita di livello, il 48% degli intervistati si dichiara disponibile a spendere 6-7 euro, mentre il 18% arriva agli 8-9 euro. Percentuali che ovviamente variano molto da regione a regione: in Sicilia e Calabria solo il 40% spenderebbe 6-7 euro, in Campania e Puglia il 38%.

I 10 euro sembrano invece essere la soglia limite: anche nelle regioni con livelli occupazionali e redditi più alti come Lombardia e Veneto non più del 5% degli intervistati è disposto a spendere più di quella cifra per una pizza margherita, quand’anche si tratti di una gourmet.

Sono ad ogni modo numeri molto importanti che, ipotizzando la produzione e vendita di oltre 8 milioni di pizze al giorno, generano un fatturato globale annuale di oltre 35 miliardi (per la sola vendita delle pizze, senza conteggiare bibite, coperti e altre portate) e che certamente è diventato un motore importante di occupazione.

 

 

*Dati ricerca CNA – ottobre 2018