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Donne al comando

Articolo a cura di Daniela Cadeddu

 

Da diversi anni mi occupo di empowerment femminile nel mondo del lavoro e una questione su cui mi misuro (e scontro) spesso riguarda l’attitudine al comando che secondo alcuni le donne non avrebbero.

Vero e falso allo stesso tempo.

È vero che le donne non dirigono come gli uomini.

È falso che non lo sappiano fare a modo loro.

E non è questione di cultura o preparazione ma di neurologia e ormoni.

Siamo diverse: lo sappiamo, lo sentiamo, lo rivendichiamo (almeno alcune di noi).

Premesso che il cervello femminile e quello maschile hanno lo stesso numero di cellule cerebrali, funzionano in maniera differente, e questo fin dal concepimento, quindi prima di essere influenzato dall’ambiente.

Perché le donne al comando funzionano?

Perché per natura hanno potenziate quattro capacità particolarmente utili alla funzione

  1. Agilità verbale
  2. Intelligenza emotiva
  3. Capacità di leggere il linguaggio del corpo
  4. Empatia e gestione dei conflitti

 

Agilità verbale

Le donne hanno una maggiore proprietà di linguaggio e una maggiore flessibilità dialettica.

Ciò comporta che siano più chiare nell’esposizione e più veloci nell’adattare il linguaggio all’interlocutore/trice.

Non è chi non veda come questa caratteristica sia cruciale per chi ha (tra gli altri) il compito di distribuire incarichi, dare feedback, gestire riunioni e negoziazioni.

 

Intelligenza emotiva

È la capacità di comprendere e gestire gli stati d’animo propri e altrui.

Comprendere non significa condividere: significa capire profondamente e riconoscere.

Gestire non vuol dire manipolare ma guidare: per esempio contestualizzando un episodio che ha creato disagio per aiutare l’altr@ a recuperare uno stato d’animo più sereno o chiarire una difficoltà.

Le ricadute sul clima aziendale e sull’efficacia ed efficienza del personale sono evidenti.

 

Lettura del linguaggio del corpo

Spesso si dice che le donne abbiano il c.d. sesto senso, ovvero la capacità di prevedere comportamenti e reazioni ancora inespressi.

Niente magia.

Abbiamo una spiccatissima capacità di leggere il linguaggio corporeo e le micro espressioni facciali perché siamo “programmate” per essere madri.

I/Le neonat* non sono in grado di esprimere a parole bisogni e stati d’animo e il pianto è l’“ultima spiaggia”.

Questa capacità è talmente innata nelle donne (in realtà sembra in tutte le femmine di mammifero), che è stato rilevato che la capacità di contatto visivo, nei primi tre mesi di vita, aumenta del 400% nelle bambine mentre rimane invariato nei bambini.

Tornando all’ambito lavorativo, questa capacità consente di rilevare se una persona mente, se prova un disagio che non esprime a parole, se reprime ira o dolore, se concorda o finge solo di farlo, …

 

Empatia e gestione dei conflitti

L’empatia si può sintetizzare come la capacità di mettersi nei panni dell’altr@.

Come per l’intelligenza emotiva, non vuol dire condividere ma comorendere.

In sostanza è la capacità di immaginarsi nella posizione dell’altr@ (con le sue conoscenze, competenze, credenze ed esperienze) per capirne il pensiero e le azioni e reazioni conseguenti.

Questa capacità si rileva particolarmente utile nella gestione dei conflitti.

Sia quando i conflitti ci coinvolgono direttamente: sapersi mettere nei panni dell’antagonista limita il rischio di andare allo scontro totale.

Sia quando in un conflitto si ha il ruolo di mediatrice: sapersi mettere in entrambe le posizioni facilita la mediazione ed evita il rischio di propendere da una parte o dall’altra sulla base di simpatie o preconcetti.

 

Perché allora abbiamo così poche donne al comando?

Sicuramente influisce un retaggio culturale pluricentenario che fatichiamo a scalfire “Se il tetto di cristallo è duro da rompere è perché ha basi solidissime a piano terra” (Antonella De Gregorio – Corriere della Sera 28/01/2017).

Altrettanto sicuramente è compito di ciascuna di noi cercare di dissodare quelle fondamenta, recuperando sana autostima, educando i nostri figli e le nostre figlie, lavorando sul linguaggio, soprattutto interiore.

Per essere più chiara:

“Se qualche volta almeno vi hanno dato dell’insolente, della sfrontata, della furba, della ribelle, della rivoluzionaria, dell’indisciplinata, siete sulla via giusta (…) Se non vi hanno mai chiamato così, avete ancora tempo perché ciò accada (…) Andele!”

(Clarissa Pinkola Estes, “Donne che corrono con i lupi”)

 

[1]Le informazioni scientifiche presenti in questo articolo sono tratte da “Il cervello delle donne”, Louanne Brizendine, Edizioni Rizzoli BUR Saggi, 2013

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DANIELA CALEDDU

Laureata in giurisprudenza, ho sviluppato la prima parte della mia carriera in Aziende nazionali e multinazionali assicurandone i piani di sviluppo business e commerciale anche attraverso analisi, programmazione  delle competenze e formazione dei team.

Formatrice e facilitatrice in comunicazione interpersonale, team building, team working, change management e business modeling, sono inoltre consulente per le PMI in pianificazione strategica e benessere organizzativo.

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In Twitter: daniela cadeddu

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