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Vivere (nonostante) tutto

Articolo a cura di Erica Zani

Oggi ti parlerò di lutto. Un argomento delicato ma di cui ritengo sia importante parlare.

Affrontare il lutto, superare il lutto… tutti sembrano fornire ricette su come eliminare, togliere, dimenticare quel momento di angoscioso tormento,  di dolore per la scomparsa di persone care.

Come se uno potesse dimenticare la perdita di una persona importante.

Ci ho riflettuto spesso, spesso mi sono chiesta se sia giusto parlare di superamento del lutto e sono giunta alla conclusione che personalmente non userò il termine “superare” ma VIVERE IL LUTTO.

Nonostante tutto, vivere.

Vivere qualcosa che rappresenta la morte può sembrare un controsenso, eppure, a mio parere, solo vivendo e continuando a vivere anche in questo momento, allora, giorno dopo giorno riprenderai la tua vita quotidiana. Ciò non significa che quel dolore, quel lutto tu lo hai scordato o accantonato, perché quella della perdita è una ferita che mai smetterà di sanguinare. Semplicemente imparerai a gestire la tua quotidianità vivendo accanto a quel dolore, e per assurdo il lutto diventerà tuo amico. Il dolore dell’assenza diventerà presenza. Vivrà con te, senza mai scomparire.

Al contempo la tua vita proseguirà. Tu devi continuare a vivere, a fare, anche a sorridere e ricostruire una nuova felicità, tenendo per mano la tua valigetta di dolore che mai nessuno potrà strapparti, ma che tu passo dopo passo, sentirai meno pesante.

Recentemente sto seguendo la situazione di un padre che ha perso da ormai qualche anno il proprio figlio, Aron,  per una malattia incurabile. Lui è medico.

Insormontabile il senso di colpa di non essere stato uno scienziato “tanto abile” da salvare il proprio figlio, proprio lui, che salva vite ogni giorno. Dopo la morte di Aron, l’uomo ha intrapreso anche un percorso terapeutico, sembrava averlo aiutato nei suoi giorni più bui, ma è bastato un episodio banale, l’incontro in ospedale con un bambino che portava lo stesso nome del figlio, per aprire in lui nuovamente uno squarcio di sofferenza. Di riflesso ha rigettato nell’abisso tutta la sua famiglia e le altre sue due bambine.

Io e l’uomo ci siamo incontrati per caso e mi ha chiesto di seguirlo in un percorso di ascolto e supporto. All’inizio temevo di non riuscire ad intraprendere un percorso di consulenza familiare e coaching su una storia di lutto tanto profondo, e dopo il primo colloquio ho consigliato un percorso psicologico. Dopo qualche tempo l’uomo è tornato da me dicendomi di essere deciso ad insistere per iniziare un percorso con me perché lui mai supererà la morte di suo figlio, ma vuole imparare a viverci insieme. Vuole imparare a gestire il cambiamento e riorganizzare la propria vita in modo tale da poter continuare ogni giorno ad essere un buon padre, un buon marito, un buon medico, un buon pugile, un buon amico, nonostante sul cuore abbia questo dolore.

Queste sue parole mi hanno portata a riflettere sul concetto di “superamento del lutto”… in effetti quel pensiero a tratti un po’confuso, aveva senso. Anche io ho perso due anni fa una delle persone più importanti della mia vita, nonostante ciò, lavoro (e il mio lavoro mi porta a confrontarmi con mille dolori diversi ogni giorno), faccio sport, ho una vita familiare e sentimentale serena ed equilibrata, coltivo le mie passioni e curiosità… insomma, vivo. Ma mi basta sentire parlare di lui per sprofondare in un pianto senza fine.

E quindi ho capito che sì, non si supera la sofferenza della perdita, ma si impara a viverci accanto. Così ho accettato di seguire ed accogliere questo medico e il suo lutto.

Detto ciò, ecco alcuni aspetti emersi dagli  incontri con lui e che ritengo importante condividere, perché credo possano essere d’aiuto a te che stai leggendo, o ad una persona a te cara che vuoi aiutare.

Dico “una persona a te cara che vuoi aiutare” non a caso, proprio perché in situazioni di dolore dovuto al lutto, è essenziale la presenza di una rete sociale, quindi, di amici e parenti che ti possano aiutare a gestire la difficoltà. Non sono necessari grandi proclami, sono sufficienti le cose semplici, perché è da queste che si riparte. Che sia una cena, un gesto, telefonate, un caffè in compagnia. Non hanno importanza la rabbia, le lacrime, le urla, il continuo parlare della persona persa, ognuno ha le proprie reazioni e manifestazioni del dolore. Chi ti vuole bene è capace di comprendere. Non sentirti giudicata.

Durante gli incontri con questo papà, uno dei passi più importanti è stato il riuscire a liberare tutte le emozioni che prova. Che sia rabbia, dolore, paura, senso di colpa; riconoscendo queste emozioni, sarà possibile abituarsi a quella “valigia di dolore” di cui parlavo prima, fino a sentirla meno pesante, meno invalidante, permettendogli  di riuscire a vivere la quotidianità. Al contrario, se le emozioni vengono inibite torneranno sotto forma di fatica fisica e mentale che peserà come un macigno.

E’ poi non “lavorare” per dimenticare quello che la persona venuta a mancare  ti faceva notare,  che desiderava per te, o a cui teneva. Ma tieni  a mente quello che diceva e che gli apparteneva, e usalo come stimolo per continuare la tua vita giorno dopo giorno. La famosa “presenza assenza” che citavo prima.

Dopo alcuni incontri con questo papà, dopo aver dato nome a tutte le emozioni e aver ripercorso il vissuto, siamo giunti a questa consapevolezza, ovvero che il nucleo familiare si è indubbiamente modificato, e non può continuare a fingere che non sia così. Ma è importante ricominciare a costruire intorno al vuoto lasciato da Aron, quei nuovi modi di parlarsi, di dirsi le cose e di gestire la quotidianità. E’ imparare a fare, provarci e riprovarci, e quando si cade e il dolore ti atterra, risollevare la valigia, riprenderla in mano e riprendere il cammino. Non vuol dire essere deboli. Vuol dire vivere. Vivere il lutto.

Vivere nonostante il lutto.

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Spero di esserti stata utile. Continua a seguirmi sul mio sito ericazani.it

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A presto!

Erica

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